Sul progetto dell’ Ing. Anastagi, commissionato dai Lorena, fu realizzato (1749-1762) ex-novo un tratto di parecchie miglia dalla zona di “Novoli” (proprio all’ingresso di S. Piero a Sieve, sotto il Castello del Trebbio) sino a Pietramala con rivestimento “a sasso e ghiaia”; allargamenti e spianamenti furono invece previsti a partire dalla porta di San Gallo (Firenze) sino alla dogana delle Filigare, dove si entrava nel territorio Pontificio.
Nell’ultima parte della variante decisa dai Lorena ed esattamente alle porte di Pietramala, intorno al Monte Beni, il tracciato fu particolarmente laborioso per le continue massicciate, allargamenti e ponti di una certa ampiezza.
Non ci fu mai, fino alla metà del ‘700, un progetto organico atto ad intervenire al miglioramento della viabilità fra Firenze e Bologna, in particolare nelle zone di valico, a causa delle note caratteristiche di precarietà che si prestavano, all’occorrenza, alla difesa.
La rinnovata via transappenninica che, proprio a Pietramala ritrovava la più antica strada praticata – ovvero la vecchia “postale” per Bologna – rimase, sino quasi alla fine del XVIII secolo, l’unica arteria che consentiva di scavalcare agevolmente l’Appennino Tosco-Emiliano, confermandosi sino ai giorni nostri (S.S. 65 della Futa) come la più importante via di comunicazione tra la pianura padana ed il resto d’Italia.